Introduzione all’Innovazionismo
Un metodo per sviluppare conoscenza
L’Innovazionismo è una proposta per il cambiamento a fronte di uno dei maggiori problemi presenti nelle contemporanee società pluralistiche e complesse, ossia l’assenza di sviluppo efficiente della conoscenza. La globalizzazione degli ultimi decenni, cresciuta tramite strumenti tecnologici e il potenziamento delle risorse di scambio di informazioni in tempi ristretti, non ha generato una crescita altrettanto evidente della qualità del sapere. Nonostante le apparenze tecnologiche, l’impiego di risorse sui beni intangibili e le potenzialità visibili nei progressi recenti della storia umana, non vi sono nemmeno parametri socio-economici completi che indichino come possa darsi stabilmente la conoscenza quale primaria risorsa del futuro dell’umanità e pochi sono gli studi significativi sull’argomento (Romer, 1990; Foray, 2004). Ad alimentare questo paradosso vi sono numerosi fattori, e tra i più evidenti vi è la crisi dei fondamenti nella percezione sociale del senso comune (Lyotard, 1979), il livellamento verso il basso della cultura diffusa (Furedi, 2007) e l’accresciuto tasso di incertezza in merito alla veridicità e alla correttezza delle informazioni disponibili, anche a carattere scientifico (Lorusso, 2018).
Una nuova ed efficace indagine sulla conoscenza, secondo un’impostazione orientata allo sviluppo umano e alla crescita economica, non può che avere ad oggetto le modalità prime di ogni argomentazione sull’esperienza umana e sulla qualità degli strumenti impiegati. I fondatori dell’Innovazionismo hanno indagato e chiarito i processi che permettono a tutte le persone, a partire dalla rete, di conoscere chi siano per orientarsi in un futuro sempre più complesso e ipertecnologico. Gli Innovazionisti perseguono questi obbiettivi alla maniera di gentleman, secondo un’elaborata concezione dell’appartenenza a una comunità culturale che vede nella conoscenza il passo ulteriore delle civiltà già organizzate – o ispirate ad organizzarsi – intorno ai diritti civili, politici e socio-economici (Marshall, 1949). Gentleman è qui da intendersi nel significato sociale di persone che esercitano le modalità e l’operatività della conoscenza secondo strumenti comuni, adeguati alla crescita delle comunità. In tal senso chi esprime l’Innovazionismo, aperto alle intuizioni provenienti da più campi, partecipa al rafforzamento di una cultura fondata sui medesimi criteri utili allo scienziato, allo studente, all’imprenditore, al cittadino, per costruire operativamente l’innovazione, aiutando a sprigionare processi di cooperazione, di sviluppo sociale e di produttività.
Quale nuova proposta culturale, l’Innovazionismo affronta i paradossi contemporanei alla radice, con una proposta metodologica e di fondamento, riferendo la conoscenza a criteri universali in grado di evidenziare vie, pratiche e scoperte utili allo sviluppo umano, e allo stesso tempo in grado di realizzare la particolarità delle specializzazioni, delle competenze e degli individui. Pertanto, la riflessione dell’Innovazionismo si concentra sulla risposta al bisogno di una fondazione epistemica dell’agire e dell’argomentare nel proprio campo e nel proprio tempo, e più precisamente sul modo di esprimere e sviluppare il sapere in rapporto alla complessità degli ambienti, questione affrontata finora solo come eco di fondo di approcci sistemici (Bateson, 1972). La novità della proposta allora consiste in questo: solo una volta dato un metodo e un modello fondativo, una direzione determinante, che consenta di attraversare ogni ambito del sapere, è possibile chiarire come possano essere assunti, unitamente, aspetti teorici e pratici, qualitativi e quantitativi, soggettivi ed oggettivi quali parti inscindibili di qualunque discorso conoscitivo riferibile a un ambiente complesso.
D’altra parte, i sostenitori del mainstream generale dominante, la condizione postmoderna, hanno rinchiuso le spinte universalistiche nella cerchia delle ideologie, confortati ora dalla critica alle metafisiche (Gargani, 1981, Habermas, 1988) ora dalla coscienza dei limiti alla generalizzazione degli strumenti logico-matematici (Israel, 2003). Si tratta di criticità effettive in campi, come la filosofia e le hard sciences, che per lungo tempo si sono contese il primato dell’orientamento generale della conoscenza. Alla carenza di strumenti universali teorico-pratici di valutazione dell’efficienza della cultura si è aggiunta inoltre la spinta dispersiva delle specializzazioni e la volubilità degli approcci interdisciplinari che, anche laddove abbiano innescato tentativi di sistematizzazione (Piaget, 1970; Morin, 1994), non hanno comunque espresso metodologie o strategie generali di convergenza. Eliminato l’orizzonte generale, la cultura contemporanea è combattuta, quale mero fattore di comunicazione, tra le accezioni identitarie del particolarismo antropologico (etnie, fattori di genere, ecc.) e le fluttuanti dinamiche intellettuali di settore. In ogni caso, il carattere culturale postmoderno, pervaso da un elevato senso di apparenza sulle convergenze e tuttavia povero nella ricerca di fondamenti, ha maturato l’attitudine ad escludere sensibilità comuni ad alto valore cognitivo nella percezione del tempo proprio di una comunità, o la ricaduta comune di visioni ed espressioni presenti in più campi, come è invece è accaduto in alcune grandi periodizzazioni trascorse. Un nuovo periodo di intensificazione culturale generale, alla maniera del Rinascimento o dell’Illuminismo, è di fatto impossibile con tali premesse.
Si manifesta invece una condizione della cultura diffusa e permanente, ostile a indagare qualunque elemento invariante per compiere valutazioni generali, prevalendo piuttosto le tecniche di decostruzione del significato, della narrazione o della comunicazione autoreferenziale, i cui effetti nefasti sono stati recepiti nella cultura già da decenni (Debord, 1981; Baudrillard, 1981). L’ottica postmoderna ricade quindi in una sorta di un immobilismo dinamico, laddove la frenesia verso cambiamenti, di solito marginali o estetico-mediatici, cela invece una stagnazione delle proposte realmente incidenti sullo sviluppo delle comunità, sulla qualità dei contenuti e sull’eccellenza delle dirigenze.
La domanda circa il fondamento della conoscenza è rimasta ferma a modelli tradizionali di analisi o verifica a posteriori, orientata ora a cogliere la tenuta dei singoli paradigmi fino a prova contraria (Popper, 1934), ora a spiegare il rilievo e la credibilità di una certa visione all’interno della comunità scientifica (Kuhn, 1962). D’altra parte, nessuno di questi strumenti analitici ha permesso di utilizzare al meglio il patrimonio sapienziale plurimillenario dell’umanità e gli ultimi decenni hanno evidenziato anzi un preoccupante decadimento cognitivo generale (Flynn, 1984).
Nell’avvicinarsi alla complessità, il coinvolgimento operativo individuale e sociale nella conoscenza passa anche attraverso la modalità di scelta delle priorità informative, e nella scienza non è ancora operativa – anzi, come anzidetto, è ostacolata – una qualunque proposta di orientamento a carattere generale. Nell’ambito della cultura diffusa, strumenti di diffusione di massa come internet o i nuovi media, pur fornendo agli utenti l’accesso a contenuti disparati, non permettono alcun tipo di orientamento esplicito nella scelta, nella formazione e nello sviluppo personale. L’unico accertato orientamento nella scelta è un modello di business orientato al push marketing, che mette a costante rischio la riservatezza dei dati personali per fini speculativi. Pertanto, è possibile pensare a un nuovo modo di essere connessi solo fornendo un differente e trasparente approccio al direzionamento delle priorità informative. Tale cambiamento implica lo sviluppo di un nuovo business model basato su contenuti, relazioni e identità particolari (economia digitale 5.0), che sia in grado di produrre introiti economici senza violare la privacy degli utenti ed eliminando l’uso e gli effetti invasivi della pubblicità.
Orientare la direzione della conoscenza tramite un metodo a carattere generale richiede quindi la proposta di una modalità di riconoscimento delle informazioni fondamentali. In tal senso, veduta l’esperienza ancora embrionale dello sviluppo dei database, dei big data, o di intelligenze artificiali, tale fattore è decisivo – quanto il fondamento e il metodo – per determinare l’efficienza della conoscenza. L’Innovazionismo pertanto ha elaborato un modello per il riconoscimento delle informazioni fondamentali, strettamente connesso ai processi di sviluppo della direzione determinante della conoscenza. La connessione tra direzione determinante e informazioni fondamentali consente un potenziamento generale e naturale ad una comunità che operi con tali strumenti. Tale scoperta comporta il passaggio da un concetto di formazione inefficiente e disorganizzata – dall’alfabetizzazione alle competenze settoriali –, ad una visione sociale e performativa della conoscenza, che metta in luce le eccellenze e le qualità individuali nell’operatività.
L’“innovare” degli Innovazionisti si riferisce pertanto a un modus conoscendi et operandi, come accezione elaborata del termine secondo una direzione di sviluppo metodologicamente fondata. Una reale innovazione fa conseguire un miglioramento, e ha l’attitudine a radicare con maggiore profondità il senso della realtà e delle idee in un circuito performativo esteso a tutti i campi del sapere, anche oltre lo stesso miglioramento circoscritto. Con una visione metodologica e universale, è inoltre possibile costruire una continuità con le realizzazioni delle precedenti generazioni, e fornire basi per le nuove operatività. Nella consapevolezza che innovare è un delicato orientamento originario della persona, che richiede impegno a fornire impulsi e strumenti adeguati ad ogni tempo, l’Innovazionismo è un nuovo inizio per il cambiamento.
Paolo Masciocchi
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